AVETO, STORIA DI UN FIUME tratto dalla rivista Pescare

Era una fredda e piovosa giornata autunnale, l’ideale per riordinare la propria attrezzatura da pesca, e mentre col mio maniacale senso dell’ordine stavo disponendo come tanti soldati schierati in parata le mie mosche nelle scatole, ricevo una telefonata, era Massimiliano che con una voce piena di entusiasmo mi dice: “Stavo facendo una ricerca in internet per la nostra gita di chiusura in Val d'Aveto, quando ho scoperto che Ernest Hemingway c'è stato negli anni '20, pare che abbia citato l'uscita di pesca addirittura nel libro “I quaratanove racconti”.

L’entusiasmo e la curiosità erano alle stelle, così mi catapultai fuori dalla stanza, e chiesi a mia moglie Silvia se fra i suoi innumerevoli libri ci fossero anche i racconti del grande vecchio. Mi disse “Io non l’ho mai letto e non lo abbiamo nella nostra biblioteca, se vuoi guardiamo fra le cose di mio padre”. Scendemmo a piano terra ed in una casetta in legno che funge da grosso ripostiglio giacevano dei vecchi scatoloni che racchiudevano alcuni ricordi del padre scomparso da qualche tempo, un vecchio professore universitario e noto psichiatra.

La vita di un uomo racchiusa in pochi scatoloni smorzarono un poco il mio entusiasmo, facendomi riflettere e pensare che un giorno tutto ciò che sono e che sono stato finirà in una di queste scatole.

L’umore d’improvviso cambiò quando fra i vari testi di medicina, psichiatria e psicoanalisi fece capolino il libro in questione, mi ricordo ancora quando Silvia soffiò sulla copertina cancellando i segni del tempo e quei fantasmi di polvere che spaziavano nella cupa luce pomeridiana, resero ancora più allettante ed interessante quello che mi aspettava. Mi catapultai sulla mia poltrona di fronte al caminetto ed accompagnato dallo scoppiettio della tenue fiamma del caminetto divorai le ingiallite pagine di quel vecchio libro. Come non rimanere affascinato dalle storie raccontate da questo grande scrittore americano che in questo splendido testo oltre ai temi a lui più cari guerra, natura, Spagna, corride, Africa descrive la sua passione per la pesca alla trota.

Purtroppo,però, nessun dettaglio riguardante il suo passaggio in quella vallata. Incuriositi, decidemmo di approfondire le tematiche contattando l’amico Magrini che da sempre vive sulle sponde dell’Aveto. Così la seguente domenica risalimmo la tortuosa strada che da Lavagna porta a Cabanne, una piccola frazione di Rezzoaglio nella splendida vallata attraversata dalle limpide acque del magico fiume. Nonostante fossimo in tardo autunno trovammo una magnifica giornata, i raggi del sole rendevano magici e ammalianti i rossastri colori della vegetazione circostante, parcheggiammo la macchina e prima di raggiungere l’abitazione dell’amico decidemmo di dare uno sguardo al fiume. Dalle cristalline acque potevamo scorgere le nostre amiche trote che facevano capolino dai loro nascondigli per cibarsi, alcuni insetti scorrevano sulla superficie dell’acqua, così assistemmo ad una serie di bollate.

In quei momenti lo spirito indomabile del predatore diventava sempre più forte dentro di me e non so cosa avrei dato per poter pescare , ma purtroppo la stagione era terminata e ho potuto solamente osservare questo splendido spettacolo della natura. Ci avvicinammo così all’abitazione dell'amico Magrini, bussammo alla porta e dopo i saluti e vari convenevoli entrammo nella sua casa, l’enorme spazio era una sorta di stanza da costruzione, laboratorio e piccolo museo, colmo di ricordi di vita vissuta.

Una scrivania fungeva da tavolo da costruzione di fronte un altro tavolo dove vi erano pezzi dei sui famosi morsetti in fase di assemblaggio, le pareti erano tappezzate di vecchie foto di pesca, dappertutto c’era un qualcosa che riguardava la nostra passione. Vecchie canne, antichi mulinelli condividevano lo spazio assieme alle attuali attrezzature, tra le tante cose rimasi colpito da due canne in bambù (se così le possiamo definire) quello che si usa per sorreggere nei nostri orti le piante di pomodoro, anellate con una sorta di filo metallico legato alla meglio con del normale filo somigliante a quello che possiamo trovare nelle vecchie scatole di cucito della nonna, un portamulinello a molla ed un rudimentale mulinello somigliante ad un piccolo cricchetto per la pesca al colpo. Visto il nostro interessamento Magrini ci invitò a provarle,così andammo in giardino e infilammo negli anelli della canna quella rudimentale coda, una sorta di backing che ci disse chiamarsi taragnina.

Nonostante il tutto fosse estremamente primitivo riuscivamo a lanciare tranquillamente e potevamo agevolmente coprire dieci dodici metri come con una normale attrezzatura moderna. Ritornati dentro l’abitazione ci sedemmo e davanti ad una buona bottiglia e a del formaggio locale, come due nipotini ascoltammo gli affascinanti racconti del nonno (naturalmente due nipotini un po’ cresciuti ed un nonno giovane)…. “La valle d’Aveto è un luogo incantato dove le leggende si confondono spesso con la storia, e, dal momento che è la curiosità su Hemingway che vi ha condotto qui, ve ne voglio raccontare la storia: era l’anno 1945 e al seguito di una colonna motorizzata giunta in val d’Aveto e proveniente da Chiavari attraverso il passo della Forcella in direzione Piacenza, c’era anche Ernest Hemingway, per gli amici Hem, corrispondente di guerra americano. Giunto a Marsaglia dopo aver transitato non senza difficoltà sulla strada di fondovalle che scende da Rezzoaglio sin oltre i boschi Hem scrisse sul suo diario: ”Oggi ho attraversato la valle più bella del mondo”.

Interruzione di ponti, fatti saltare dai partigiani sulla strada che portava a Bobbio, impedirono ad Ernest di proseguire, costringendolo a ritornare indietro in maniera da poter ammirare ancora quella valle. La leggenda narra che, seduto sulla “Balena dei Masapello”, rimase affascinato dal meraviglioso panorama al punto di volerlo immortalare nei suoi racconti. “Ma la vera storia dell’Aveto incomincia intorno agli anni venti…” prosegue l’amico Graziano, e nel frattempo, da una scatola colma di vecchi ricordi , estrae una busta contenente una lettera segnata dal trascorrere del tempo. Dentro me l’emozione si faceva sempre più forte, mi sembrava di ritornare bambino quando passavo le giornate nella soffitta alla ricerca di chi sa quale segreto. Ce la mostra come una reliquia ed insieme cominciamo a leggerne il contenuto, è una lettera scritta dalla Signora Giulietta a quel tempo proprietaria dell’Albergo Americano e contiene i dettagli che riguardano la sua conoscenza ed amicizia con i coniugi Murriel che frequentavano l’albergo fin da prima degli anni venti. Il contenuto della lettera è interessantissimo e parla della vita di questa famiglia inglese.

Ernest il marito era stato guardia forestale in India al tempo delle colonie e una volta raggiunta l’età pensionabile si trasferì a Bordighera. Ogni anno, fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, nel periodo da Pasqua ad ottobre si trasferiva all’Albergo Americano a Rezzoaglio. Ernest era un appassionato di pesca a Mosca e quasi ogni giorno si recava sul fiume a bagnare le sue mosche nelle gelide acque dell’Aveto. Teneva con sé un diario dove appuntava ogni dettaglio delle trote pescate: misura, tipo di mosca usata, data ed ora della cattura e la situazione meteo della giornata. Solamente alcune volte tratteneva un capo di grosse dimensioni che omaggiava ai clienti dell’albergo, non mancando, però, di portarne uno anche al suo amato e fedele gatto che trascorreva con lui le mattinate in un boschetto adiacente dove aveva sistemato un amaca utile per rilassarsi e leggere il Times speditogli direttamente dall’Inghilterra.

Fu appunto quest’uomo inglese ad insegnare a molte persone del luogo la tecnica e l’arte di costruire le mosche. Fra i tanti adepti ricordiamo il Sig Luigi Brignole, ormai centenario, pescatore a mosca con l’attrezzatura che Magrini ci aveva fatto testare in precedenza, la tecnica era molto semplice, si lanciavano le tre moschine costruite da lui stesso con materiale proveniente da animali da cortile o magari da qualche amico cacciatore e l’ultima veniva fatta sobbalzare sull’acqua, quasi una sorta di battuta che probabilmente serviva ad incuriosire i pesci.

Luigi così come l’inglese amavano durante l’azione di pesca appoggiarsi al loro guadino, questo forse serviva a scaricare parte del peso del corpo su quest’ultimo e quindi a rendere più comoda e rilassante l’azione di pesca. Questa primitiva ma redditizia tecnica si incontra intorno agli anni sessanta, settanta con quella per così dire moderna, grazie all’avvento di alcuni pescatori Chiavaresi tra cui il Dottor Luigi Diana. Le loro attrezzature erano similari a quelle attuali, unica differenza le code composte in una doppia treccia in nailon, tipo Valsesiana. Solamente negli anni settanta arriva la moderna tecnica inglese importata da un gruppo di pescatori Milanesi fra cui Graziano Magrini fra i primi costruttori di morsetti Italiani, che assiduamente cominciarono a frequentare queste ricche acque. In questo periodo va inoltre ricordata la volontà da parte dell'allora Fips, di immettere in queste acque il Temolo pinna blu (italico), che ben si è adattato in questo ecosistema fluviale ricco di ossigeno e dalla temperatura ideale, tanto che a tutt'oggi alcuni esemplari di questi bei pesci vengono pescati.

Questo fu il momento di massimo splendore della vallata frequentata da numerosi pescatori spinti in zona oltre che dalla bellezza delle sue acque anche dalla presenza del nobile Temolo. Non di rado si disputavano amichevoli gare, così ci narra Graziano, naturalmente non veniva trattenuto nessun capo, ma ad ogni cattura veniva assegnato da una specie di giudice un bollino e, a fine giornata, in un conviviale ritrovo ,veniva acclamato vincitore colui che aveva conquistato più bollini e di conseguenza catturato più pesci.

Da questa mescolanza di tecniche nascono giovani garisti tra cui alcuni arrivati al titolo mondiale. Purtroppo dopo questo ridente periodo l’Aveto subisce un tracollo dovuto al mancato rinnovo di concessione delle acque alla Fips, cominciano a mancare i controlli venatori e di conseguenza anche i pesci e naturalmente in seguito anche i pescatori. Alla fine degli anni novanta grazie ad una legge regionale che dava la possibilità di gestire alcuni tratti di acque da parte di associazioni, la volontà della dell’Associazione Pescatori Val d’Aveto e l’aiuto della Provincia hanno fatto sì che riprendesse la sorveglianza ittica e fosse possibile il ripopolamento delle acque con avannotti di trote fino all’ultima immissione del 2007 con più di tremila temoli provenienti dalla Slovenia.

Ultimamente l’Associazione si è dotata di un piccolo trattore con vasche ossigenate utile a trasportare il novellame, di elettrostorditori, gerle e contenitori vari per l’immissione del pesce, il monitoraggio e il prelievo dai torrenti di accrescimento dove il materiale immesso rimane per due anni, periodo durante il quale il tratto è chiuso alla pesca. Ogni anno vengono immessi in queste acque più di quattrocentomila tra avannotti e trotelle oltre a qualche esemplare di taglia.

Nei prossimi anni oltre all’immissione di altri temoli c’è in progetto di fruire delle scatole vibert ed inoltre è in embrione l’ipotesi di costruire un incubatoio di valle. La giornata volge a termine, io e Massimiliano siamo entusiasti della storia di cui siamo venuti a conoscenza, tanto che abbiamo voluto renderne partecipi tutti trascrivendo un pezzo in ricordo di ciò che è stato e di ciò che sta ritornando, pian piano, con fatica e tanta forza di volontà.

Mi sembra doveroso ringraziare l’Associazione Pescatori Val d’Aveto nelle persone del Presidente Signor Pareti Roberto, dell'amico e Vicepresidente Graziano Magrini nonché rappresentante Unpem per la Provincia di Genova, il Segretario Giuseppe Chiesa e tutti coloro che con la loro volontà e collaborazione hanno dato vita a questo ambizioso progetto atto a far tornare a nuova vita queste acque e questa splendida vallata.

Giungiamo finalmente a parlare dell'Aveto ai giorni nostri, dopo aver visto nella prima parte la storia e gli sforzi effettuati recentemente per riportare questo splendido fiume ai passati gloriosi degli anni settanta e ottanta. L'attuale gestione da parte dell'Associazione Pescatori Val d’Aveto ha prodotto notevoli risultati, seppur taluni ancora in fase di realizzazione, come per esempio l'immissione dell'anno passato dei temoli “pinna rossa” del ceppo slavo, ceppo che si spera attecchisca e porti nuovamente questo fiume tra i più famosi della penisola per la pesca a mosca.

L'attuale gestione ha diviso il tratto medio alto in zone, troviamo infatti una riserva no-kill, dove è maggiormente massiccia la presenza del temolo e una zona turistica dove le trote fario e i salmerini convivono assieme per regalare emozioni gradite ai pescatori che la frequentano. Sia a valle che a monte dei due tratti sopracitati troviamo la “libera”, ovvero una parte dove per la pesca è necessaria solamente la licenza governativa e il tesserino “segna catture”, gratuitamente rilasciato nei punti dove si effettuano i permessi, tesserino che, a scopo statistico, consente alla gestione di monitorare l'affluenza dei pescatori e l'eventuale prelievo, unica raccomandazione è la restituzione del suddetto tesserino a fine anno. La zona libera rappresenta il tratto più lungo ed è a regolamento specifico, è quindi possibile pescare con le attrezzature consentite nelle acque cosiddette a Salmonidi, trattenendo solamente cinque capi giornalieri di trota fario con misura minima di venticinque centimetri, mentre non è consentito per il momento trattenere Temoli.

Nella zona No kill, dove in seguito all’acquisto di un permesso giornaliero per il costo di euro dieci oppure un permesso speciale valido per cinque uscite al costo di euro trentacinque, è possibile pescare fino ad un massimo di sei persone. Le tecniche consentite sono pesca a mosca con la coda di topo, con la mosca secca, la ninfa, lo streamer e con un massimo di due imitazioni con amo privo di ardiglione, per lo spinning è consentito l'uso del cucchiaino ad amo singolo privo di ardiglione, per questa tecnica è assolutamente vietato l’uso di minnows. Per entrambe le tecniche di pesca è vietato appesantire o piombare la lenza e ogni permesso da diritto a trattenere un trota fario al di sopra dei quarantacinque centimetri, inoltre queste acque sono aperte tutti i giorni escluso il martedì, ameno che non sia festivo. La parte alta dell'Aveto è inoltre caratterizzata da numerosi tratti e affluenti laterali dove è vietata la pesca, i ruscelli vivaio dove le trote crescono senza essere disturbate per essere poi trasferite nel fiume a dimensione adeguata.

Per chi decide di affrontare questo settore consiglio di prenotare il permesso di pesca presso il Bar Luca al numero 0185 870297. La riserva turistica è invece il settore rivolto ai pescatori che vogliano catturare in maniera abbastanza semplice pesci di taglia, potrebbe considerarsi quale zona di promozione pesca. Qui vi è l’obbligo di trattenere ogni capo di misura allamato ed al raggiungimento del quinto vi è l’obbligo di smettere di pescare. Il permesso costa quindici euro ed è valido per mezza giornata, mattino o pomeriggio, solamente dal primo settembre è possibile pescare no kill per l’intera giornata sempre al costo di euro quindici. Per entrambe le zone oltre al tesserino segna catture è necessario essere in possesso di una delle seguenti tessere: U.N.Pe.M, F.I.P.S.A,S., ARCIPESCA, A.I.C.S., ENAL PESCA, e LIBERA PESCA. La pesca in queste zone apre l’ultima domenica di febbraio e chiude il lunedì successivo alla prima domenica di ottobre.

L'associazione ha in gestione anche uno splendido lago La Riserva Lago delle Lame , uno bacino le cui acque aprono il primo sabato di aprile e chiudono la prima domenica di gennaio. Il regolamento è similare a quello per la Turistica, differisce solamente per il costo che è di euro nove per i soci e di euro undici per i non soci.

LA PESCA

Questo anno non abbiamo frequentato molto queste acque, purtroppo, per mancanza di tempo abbiamo fatto solamente tre uscite una nella Libera, verso i primi di settembre, con un amico del Club avevamo deciso di passare un pomeriggio su questo fiume, purtroppo nella fretta e l’euforia della partenza avevo dimenticato l’attrezzatura fotografica e quindi non ho potuto scattare nessuna foto ricordo da mostrarvi. Posso solamente dire che abbiamo messo i piedi in acqua circa alle ore quindici e nella lunga lama che avevamo scelto i pesci cominciavano ad essere in attività, si intravedevano le prime bollate. Io decido di piazzarmi a metà lama montando un tip dello 0,12 con un’emergentina in Cul de Canard su amo Grub del 18, la mia intenzione era trarre in inganno oltre alle trote anche i temoli, il mio compagno di pesca si era messo invece ad inizio lama in corrente con una mosca decisamente più grande.

Entriamo in pesca e le catture non si fanno attendere prima un bel temolo si fa ingannare dalla mia imitazione, poi una splendida fario viene presa dal mio amico, la misuriamo, circa quaranta centimetri ed una volta ammirata tutta la sua bellezza la rilasciamo, le catture si susseguono e ci stavamo divertendo veramente tanto, la giornata si conclude con una bellissima trota che dopo diversi salti si è piantata sul fondo strappando il mio finale. Entusiasti e contenti torniamo alla macchina e decidiamo di dedicare la domenica successiva al tratto No kill.

Dopo aver preventivamente prenotato quattro posti nel tratto no kill partiamo speranzosi verso l’ambita meta, dopo circa un’ora e mezzo siamo al Bar Luca, una volta presi i permessi ci precipitiamo nella zona prefissata. Il tratto è lungo circa tre chilometri e decidiamo di dividerci. Avevo visto una lama assolata e così decisi di piazzarmi lì in attesa di vedere attività, nel frattempo ricontrollo tutta l’attrezzatura, silicono bene la mia mosca ed ingrasso ben bene il lungo finale. Pochi minuti di attesa ed ecco che la giostra si accende, incominciano le prime piccole bollate, ed ecco i primi temoli allamati le dimensioni si aggirano dai venti ad un massimo di trenta trentadue centimertri, ma combattivi e selettivi.

Non mi sono mai spostato per tutta la giornata e quel posto mi aveva regalato al termine della pesca una trentina di temoli ed alcune trote, per gli altri componenti del gruppo mattutino più o meno la stessa cosa tranne che per Dino che cattura anche una discreta trota over quaranta. Eravamo tutti felici e soddisfatti sia dalla giornata di pesca che dal fatto che avevamo relativamente vicino a casa un fiume che poteva regalarci grandi soddisfazioni ed ottime catture. Ero veramente entusiasta tanto che il giorno dopo telefono all’amico Massimiliano e gli propongo di fare la chiusura in quelle acque, e nell’occasione di approfittarne per fare qualche foto. Il fatidico giorno si avvicina, eravamo pronti e dopo una partenza all’alba nelle prime ore della mattinata eravamo già in pesca, purtroppo le condizioni non erano più quelle di qualche settimana prima, la temperatura era notevolmente scesa rendendo i pesci più svogliati ed apatici, nonostante questo non demordiamo e riusciamo a catturare alcune trote, anche di bella taglia che grazie all’attrezzatura di Massimiliano abbiamo fotografato e possiamo mostrarvi.

L’unico rammarico è quello di non avere avuto la possibilità di fare foto nelle precedenti uscite, comunque queste acque meritano sia il tratto libero che il No kill e vi consiglio di venirle a testare, cosa che rifaremo anche noi ad apertura avvenuta. L'aveto è un percorso per chi ama la natura, verdi prati e lussureggianti vallate dove innumerevoli cavalli pascolano allo stato semi brado fanno da cornice a questo splendido quadro attraversato ad una pennellata di azzurro, dove trote e temoli vivono in abbondanza. Vorrei concludere con una frase di un famoso pescatore Anglosassone che più o meno diceva così: “La vita di un pesce è troppo importante per regalare soddisfazioni ad un solo pescatore.”

COME ARRIVARCI

Da qualsiasi direzione si provenga è consigliabile imboccare e percorrere la A12 Genova Livorno e uscire al casello di Lavagna, una volta entrati nella statale proseguire a destra e seguire le indicazioni per Rezzoaglio e Santo Stefano d'Aveto, circa quarantacinque chilometri separano l'autostrada dall'uscita di pesca. La strada è un passo che conduce alla provincia di Piacenza, dove l'Aveto confluisce nel Trebbia, quindi molto movimentata e da percorrere a velocità moderata, una bella giornata di pesca ci ripagherà dei tornanti che ci attendono.

Mi sembra doveroso ricordare Luigi Brignole che recentemente ci ha lasciato per compiere il viaggio che a tutti noi spetta al termine della nostra esistenza, è stato un grande pescatore e senz’altro uno dei pionieri della pesca a mosca in Val d’Aveto. Quando con Massimiliano siamo andati a Cabanne per scrivere questo articolo, lui era ancora nel mondo dei vivi e abbiamo avuto l’onore di vedere le sue vecchie mosche e l’attrezzatura che lo ha accompagnato nelle sue battute di pesca nell’arco della sua lunga esistenza, quante trote avranno catturato quelle vecchie mosche e quante storie avrebbe da raccontarci quella rudimentale canna in Bamboo. Ma il suo viaggio lo porterà senz’altro a pesca in altri luoghi in altri fiumi, posso immaginarlo frustare l’aria con la sua coda dalle rive d’Acheronte,come dice Saffo, “fiorite di loto,fresche di rugiada”.

DI STEFANO LUCACCHINI E MASSIMILIANO MALTENO
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